Per LE RICETTE DI GIALLOLITARGIRIO: LA SCIENZA DEI PIGMENTI parleremo del Gialllorino.
Il Giallorino è un pigmento a base di Sn e Pb che a seconda della presenza o meno della Si si divide in tipo I (Pb2SnO4) e tipo II (Pb(Sn,Si)O3) che è stato utilizzato dal 1300 fino al 1700.
Il termine Giallorino o giallolino si individua nel corso della storia dei pigmenti e dell’arte nei ricettari di ogni epoca, assumendo però sempre forme diverse.
Probabilmente la facilità con cui il Piombo dà composti gialli e la loro relativa semplicità nella produzione “casalinga”, ha dato spazio a innumerevoli ricette per la sintesi del celebre Giallorino.
Dalle fonti è evidente la varietà di composti che sono stati erroneamente chiamati Giallorino; questi spaziano dal semplice Litargirio (PbO), a silicostannati di piombo Pb(Sn, Si)O3. Il problema alla base di questa confusione è il metodo di produzione; infatti tutti questi pigmenti vengono prodotti dalla calcinazione di vari minerali di piombo come solfuri (Galena) o carbonati (Biacca o Cerussite), in associazione naturale con elementi come Sb, Sn e Zn.
Nel corso della storia quindi il pigmento muta forma senza variare il suo nome. Insomma, la confusione intorno al significato di Giallorino è stata talmente ampia che ormai il termine è caduto in disuso, preferendo individuare con nomi più specifici le specie più comuni, aiutando così a capirci qualcosa in più in questo piccolo giallo della storia.
Esempio di utilizzo: Trittico dell’Adorazione dei Magi, Rogier van der Weyden, (ca. 1455); Giovanni Francesco Gonzaga nominato marchese di Mantova dall’imperatore Sigismondo, Tintoretto (prima del 1579); Johannes Vermeer, The Milkmaid.
Identificazione: XRD; microscopio ottico; XRF.
Fonti:
Artists’ Pigments. A Handbook of Their History and Characteristics. N.S. Baer, A. Joel, L. Feller e N. Indictor.
I pigmenti nell’arte, N. Bevilacqua,
La chimica nel restauro, Matteini Moles.
Immagini
“Netherlands-4205 – Milkmaid” by archer10 (Dennis) is licensed under CC BY-SA 2.0